Translate

mercoledì 26 febbraio 2014

MAGMA E SANGUE DI SERGIO MORETTI http://oroseriosergio.myblog.it/ http://www.facebook.com/profile.php?id=1...

http://oroseriosergio.myblog.it/http://www.facebook.com/profile.php?id=1... Seconda parte del racconto breve "Magma e sangue", che sto postando ora nel mio blog così come lo scrissi, senza rivisitazioni né correzioni. Buona lettura Magma e sangue, seconda parte Oramai è abituato agli urli di Bruno. «Sarò bastardo ma se non ci fossi io la tua vita sarebbe infognata in una merda piatta e ti faresti di cocaina come hai sempre fatto.», risponde in un sol fiato, aggiungendo subito appresso: «Dai…esci, andiamo a farci una passeggiata.» È così che si tira fuori dalla tempesta, ogni tanto, quando gli riesce. Si cosparge il viso d’altra roba, il compagno fa girare la chiave nella toppa, lui voltato verso il terrazzo se la ride. «L’ho rotto!», frigna Bruno, bambino con le lacrime agli occhi: mostra i pezzi del flacone sparsi sul pavimento, nel bidet, «Tu come fai ad essere così?», le labbra strette, a scimmia. Come risposta si becca un sorriso vuoto, senza comprensione. Bruno dà alla voce un timbro gutturale, maschio, «Voglio essere come te!», dice. Angelo, che solo per un istante non sa che fare, lo stringe a sé: è piacevole sentirne le vibrazioni; contrastanti le emozioni che prova. Sé le gode sino in fondo. Ha il cuore indurito dagli eventi e dalla morte… dopo l’incidente vive dribblando la realtà, con sporadici tuffi nei sogni altrui: inganna sé stesso, oltre a chi gli gironzola intorno. Osserva gli occhi imbrattati di nero, sciolto dal pianto; e i capelli di lui corti, a spazzola; e la metà superiore del corpo pallido come una mozzarella, senz’ombra di peli; e quel reggiseno infantile che mostra le debolezze, se ce ne fosse ancora bisogno. «Sei l’unica persona al mondo a cui voglio bene,», sente dirsi; «davvero.». Parole che lo caricano di responsabilità non volute verso quell’animo fragile in vena di dichiarazioni: «Non hai mai giudicato,», è ancora Bruno a parlare, «sai accettare o negarti senza troppi perché.» Lo sfogo dell’uomo è sé stesso, “Qui ti volevo!”, dentro; è superbia repressa, e non tradisce emozioni. Carezza il viso al ragazzo, con le labbra gli sfiora la fronte e sussurra: «Fallo anche te allora, non giudicare, specie a chi tieni.» Sta zitto ora, ha Carmen in testa; e pensa a quanto sia stronzo e ipocrita, quante se n’è sbattute? Sorride perdendo il conto. Bruno si riprende, ha il respiro regolare; apre la bocca a metà mostrando la punta della lingua tra le labbra rosse. «Cosa ti dà Carmen più di me?», provoca. Angelo ha voglia di ridergli in faccia, ma non lo fa. Non gli va di prendere in giro, più del necessario, questo ragazzo che ha meno della metà dei suoi anni. «Nulla di ciò che pensi.» Improvvisa. «Non avrei mai sperato che la nostra storia diventasse tanto importante, sai?» «Allora non gli vuoi più bene a Carmen?…» Angelo lo ascolta, non dice nulla; scalpita quando l’altro insiste: «Finalmente hai capito cos’è quella donna!», adesso la voce è stridula, «È bella sai? È più grande di me!» aggiunge; fa il geloso, senza temere nulla. «Come lo sai?», si stupisce. Il ragazzo cerca di scostarsi da lui, che lo trattiene prima con forza, poi usa dolcezza; gli carezza le femminee spalle nude. Per lo scatto Bruno si volta verso il balcone: «Non sai quante volte ero lì….» Confessa, corre; lui lo insegue sino agli enormi vasi di rose e buganvillee girandoci intorno, lo afferra di nuovo. «Lasciami!», implora; occhi di un nero…infossati; cerca di divincolarsi dalla stretta dell’uomo che lo blocca, da dietro, e lo carezza sui fianchi. Rimangono così ad adeguare i propri corpi, adornati dai fiori, indifferenti alla possibilità di uno sguardo indiscreto, facendo affidamento sulle qualità del decimo piano del piccolo attico. Bruno canta felice sotto la doccia, il suo repertorio è immenso; Angelo non può fare a meno di sorridere e scuotere il capo. Sta sfogliando le news sullo schermo del portatile, non riesce a concentrare l’attenzione. Gli ha promesso una camminata lungo il lago, ed un pranzetto da Vladimiro il Rosso. Clicca, sotto la finestra principale del programma sta celata quella di dialogo, il volume è al minimo e non si sente scampanellare il richiamo di chatt. Appare il rettangolino: “Orchidea Selvaggia attende risposta”. «Non posso stare molto…» Scrive lui velocemente. «Stai ancora con la checca?» Questa è la frase che legge. Misura quanta acidità ci può essere in quelle parole. «Non essere antipatica dai, è solo un amico…» Risponde, è veloce con le dita; butta un’occhiata nel vetro opaco: non traspare chiaramente se il suo giovane amante ha finito o no. «Stai da lui?» Quest’altra di frase appare scritta in un rosso alquanto nervoso, a giudicare dagli errori che ci sono. «Stiamo per uscire.», batte rapido. Invia. Poi di nuovo: «Si voleva suicidare! Devo essere dolce quanto chiaro con lui!» «Porco!», scrive lei. «Vai a farti fottere insieme a lui! Ho capito tutto… da come ti sbrighi, sozzo bastardo! Ed io che ho creduto…Basta! Non mi cercare più!» Questa volta ha usato il viola. “Questa ha a disposizione tutto il tempo del mondo.”, pensa Angelo. Sta per rispondere ma la scritta “l’utente Orchidea Selvaggia si è disconnesso” fa capolino in basso a destra. Scompare tutto mentre lo sportello si apre. Accoglie con calore il sorriso ingenuo di Bruno. «L’hai sentita?», gli dice. Lui risponde: «No! Non era connessa; gli manderò una mail, te la farò leggere se vuoi…» «Tu sei troppo porcellone…», risponde menando il dito verso di lui, «non me la racconti giusta!». Col sorriso ritrovato l’aspetto androgino risalta di più. «Vuoi andarci ancora? Io ti capisco sai…», parla con tristezza, «dimmelo però, non tenermelo nascosto, ti prego! Non mi tradire prendendomi in giro, ti voglio bene.» «Anch’io te ne voglio.», risponde Angelo mentre l’altro siede sul bracciolo del divano con fare provocatorio: «Sono disposta a diventare donna…del tutto, per te.» Non scherza: ne hanno parlato altre volte, ha mezzi e soldi per farlo; anche l’appartamentino è suo. Angelo sorride carezzandogli il viso, e il minuscolo seno nudo; osserva il perizoma: è un modello particolare che dona femminilità. Gli parla con calma, più che un amante sembra suo padre: «Devi essere una persona libera delle tue scelte, non farti influenzare dai sentimenti; quelli passano e poi le cicatrici restano. Ciò che dici non si fa per compiacere chicchessia.» Il quartiere popolare è dall’altra parte della città. C’è un palazzo alto e grigio, uno dei tanti: l’urlo della ragazza si sente dal piano terra. Sono parole non chiare all’anziana donna; cerca d’impicciarsi, appone l’orecchio all’uscio: arduo il compito di decifrare le oscenità. Immagina svolgersi orge al piano di sopra, era da un po’ che non la sentiva gridare così a Carmen. «Ma per chi mi ha preso?», sale alta la voce, per fortuna ora è calma. Fa la spola tra il letto e la cucina, snocciola nella mente gli errori fatti uno dopo l’altro. Scatta, urla: «Porco impotente bastardo!» Afferra il telefono, regalo di lui per i suoi ventitré anni, «Povera stupida!», dice di sé, «Sai cosa ci faccio con questo?», e lo lancia lì, tra il pavimento e il muro, con forza; ha la voce disumana «ti mancava un frocio alla tua collezione? Testa di cazzo! Pervertito! Hai preferito quello, a me…» Piange. Si getta sul materasso, disfatta: dolore allo stomaco; si sfila la scarpa, la lancia, colpisce il portafoto. L’immagine di Angelo, del suo grande amore, sparisce rumorosamente sotto al comò. «Con tutti gli uomini che potrei avere sono cotta di un porco che a letto ha solo un’idea…». Non riesce a non pensare in quanti modi lo ha accontentato, soddisfacendone le indicibili voglie. Lo ha riportato in vita dopo la disgrazia, si è prodigata a fargli risvegliare i sensi. «Ti amo alla follia,», le disse, «con te ho conosciuto l’amore vero per la prima volta.» Gongolava alle parole di lui; alle sue mail, poesie di vita vera, di uno con le palle. Si era sentita davvero importante per Angelo, tanto da aprirgli il proprio cuore dopo ciò che ha subito: “le mie disavventure”, le chiamava. Si è data a lui, in maniera smisurata. Era ubriaco d’amore: “questa è una cosa seria”, pensava Carmen. Non si dà pace, c’è cascata in pieno, è stanca di soffrire. Se non avesse una certa dignità andrebbe a buttare di sotto quel patetico ragazzino omosessuale. «Perché accadono queste cose?», ripete la frase tante volte, troppe. Apre la confezione con le lacrime agli occhi; le impediscono di vedere, si versa il contenuto sulla lingua. Assapora la prima goccia; dopo un’altra goccia, poi goccia dopo goccia… Continua… SERGIO MORETTI

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.