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mercoledì 16 aprile 2014

Velia. Post 11. Itinerari dell’anima SERGIO MORETTI OROSERIO 15.803 "Mi piace" · 2.636 ne parlano http://oroseriosergio.myblog.it/ http://www.facebook.com/profile.php?id=1...


Velia. Post 11. Itinerari dell’anima


OROSERIO
15.803 "Mi piace" · 2.636 ne parlano

 Post 11. Itinerari dell’anima.
Si riavvicina. Lo fa con garbo ma non si ferma, ed ora mi è troppo troppo vicino. Al suo solo sfiorarmi sbando, vibro. Alito che sa di fumo, in parte coperto dal dopobarba sulle guance. Non voglio. «È tardi». Imploro. «Per favore Sergio, e poi, dobbiamo scendere». Sono troppo tesa, seria; si blocca. Resta sospeso ad un palmo da me, improvvisamente amorfo, inespressivo… Ed io fatico non poco a far finta di nulla. Ne evito anche l’immagine allo specchio. Gli sfuggo senza fretta. Rientro nel bagno a prendere le mie cose. Temo di non essere naturale. Le mie mosse paiono manovre. Mi sento a disagio. Se ne accorge. Specie quando prendo in mano il telefono e lo rimetto a posto troppo presto. «Sono quasi le otto» ostenta sicurezza «aprono alle nove». Era tanto che non… Un bacio consapevole, adulto mi viene in mente. Non so. Lasciarmi andare? Ho ripensato dopo che lo avrei voluto. Bei momenti! Ci guardiamo, l’abbraccio avviene così… Sono carezze, attimi di trasporto, di parole tenere. Si scende. Mano nella mano. Ho il sapore di tabacco addosso, in bocca. La sua eccitazione mi è stata contagiosa, ma abbiamo fatto i bravi, per ora. Poi, chissà. Al tavolo si scherza, mi fa ridere, si lecca le labbra di cappuccino, lo fa apposta. Gli piaccio davvero? O vuole l’avventura? Ed io? Cosa voglio io?
Torna a prendermi dal parrucchiere che non ho ancora finito. Dopo più di mezzora finalmente salgo in macchina. Consapevole del ritardo mi aspetto le solite classiche rampogne di un uomo. Un suo fischio d’approvazione mi rende felice. Da un bel pezzo mi ero disabituata a sorrisi e complimenti che non siano solo maldestri tentativi di provarci. Prima di lasciare la stanza ho tolto i jeans, indecisa che mettermi. Ho indossato il vestito. Mi dona. Non smette di guardarmi mentre guida. La strada non è la solita che facciamo noi. Glielo chiedo. Risponde che è presto e per non fare un giro assurdo passiamo per Formia, pranziamo al mare. «Ti posso fare una proposta?» chiede. «Dimmi dai» sono curiosa. «Passiamo per Napoli? All’una e mezza siamo sul golfo, conosco un ristorante speciale…» …che magari ha anche dei letti penso io. Bah, il pensiero mi viene, non so perché. «Io devo stare ad Altamura prima di notte, è molto importante per me. Lo capisci?». Ci pensa su un po’ troppo. Sto per dirgli che va bene. «Meglio cambiare itinerario allora» questa volta non è stizzito, anzi. Prosegue sino a Latina. Mi spiega la strada meglio del Tom Tom. Con calore. Fa i Monti Lepini. L’autostrada la prende a Frosinone. A Caianello esce di nuovo e mi dice il motivo. Sa anche la storia dei luoghi. Mangiamo un po’ tardi, dintorni di Benevento. Nel Sannio mi parla dei Romani, di Unità d’Italia, di streghe e di briganti. C’è una saletta attigua, dietro al bar, tra le slot e i bagni. «Non guido a stomaco pieno, anche se ho bevuto poco…». Un telefono suona. Comincio a riconoscerlo questo mio, e il pensiero mi va all’altro spento nella borsa da viaggio. È Gioia. «Scusa, sì l’ho vista la chiamata» sbuffo «Non avrei saputo che dirti… No. Ancora nulla… Sì. Vengo, stasera. Non so a che ora arrivo». Quest’uomo non fa una piega mentre parlo. «Non voglio averti sulla coscienza, ascolta…» dico seria, appena chiusa la comunicazione con mia sorella «…hanno anche le camere, non saranno un gran che ma vai a riposare. Tra un paio d’ore ti chiamo io». Non passano cinque minuti che è già di ritorno, con una chiave in mano «Tu non vieni? I letti sono due, separati. Dai, vieni a riposare un po’ anche tu». Sorrido.
Cosa dovevo fare? sono andata. Abbiamo ripreso il viaggio un bel po’ fuori orario; le diciotto sono un ricordo. Non mi sembra possibile. Un altro uomo. Io. Già! Mi sento diversa, iniziata a nuova vita. Questa volta dietro non si torna per davvero. Da questo sogno. Da quest’opera surrealista. Sto vivendo la mia favola! Il suo sbadiglio mi porta alla realtà. Fa sorridere. Ha più sonno di prima. Mi manda occhiate, baci, non si stanca di donarmi attenzioni. «Basta Sergio, t’ho detto che mi vizi, ho paura di abituarmi». «Bene. Meglio. Così mi dirai che ti manco e io ti verro a trovare spesso, anche tutti i giorni». «Addirittura!». Sorriso amaro il mio, troppe cose da sistemare, valutare. I figli. «Non so neppure quanto resterò ad Altamura» gli regalo una carezza sulla guancia. Non voglio pensare ai miei guai, per ora. Mi faccio raschiare il dorso della mano dalla sua barba di un giorno, che non sentivo, prima… Sorrido pensando ai segni notati dopo, in bagno. Fortuna non si vedono. «Comunque vada, Sergio, non ti scorderò mai» di slancio lo abbraccio. La sua mano lascia il volante, mi tocca la spalla, il viso; mi carezza i capelli, il seno… Come si fa a guidare così? Ci fermiamo cinque minuti. Qualche bacio, un po’ di tenere coccole. Sigaro, sigaretta e si riparte. Tra una chiacchiera e un’altra si comincia a vedere l’adriatico. Non ha preso autostrada, si è fatto tardi. Io ho i miei pensieri; immagino i suoi. «Sergio ho fame. Ceniamo insieme?». Riesco finalmente a dire ciò che desidero ad un uomo. Per poco non sbanda. Esce di scatto dalla superstrada, imbocca la complanare per Molfetta e va diritto al mare. Cerca un ristorante. Io chiamo Gioia. Mi scuso con lei, che non deve stare in pensiero, che è la macchina di chi mi accompagna che pare abbia problemi seri. Che non sono certa di nulla, per quanto ne capisco la potrebbero tenere sino a quando arriva il pezzo da Bari. Sergio è sorpreso, non parla. Accosta. Scendiamo. L’odore dei flutti mi ubriaca prima ancora che io inizi a bere…
Continua…

SERGIO MORETTI

































































































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